LE ORIGINI DEL TIRO CON L'ARCO IN ITALIA:
GIUSI PESENTI
Fautore e mecenate del tiro con l'arco e della
simulazione venatoria in Italia è sin dall'inizio il promotore e la figura di
riferimento per il tiro istintivo.
La scintilla della rinascita e riscoperta del tiro con
l'arco parte dalla tenuta del Belvedere di Nese nel 1958, generata dalla sua
passione.
Uno dei suoi primi archi gli fu donato dall'eroe
dell'aviazione nazionale Antonio Locatelli, di ritorno dall'Africa. Nel periodo
immediatamente successivo alla fine del secondo conflitto mondiale Giusi
conosce tra gli alleati chi si è portato da oltreoceano arco e frecce. Durante
i suoi viaggi entra in contatto con gli arcieri inglesi. Conosce chi in Italia,
collezionando armi antiche, aveva intessuto rapporti con arcieri francesi,
svizzeri e belgi per avere notizie sugli archi.
Mentre in Italia l'arco sembrava destinato all'oblio,
o al massimo rimanere nella stretta cerchia di pochissimi estimatori, in
America continuava a riscuotere vasto interesse. Inizia così un percorso di
approfondimento che lo porta a conoscere direttamente Fred Bear (padre
fondatore del moderno tiro istintivo venatorio in America).
Le ragioni storiche che hanno permesso ad arco e
frecce, in America, di non cadere nel dimenticatoio e conservare le tradizioni
e gli stili, risalgono all'ultima guerra civile. Agli sconfitti fu fatto
divieto di detenere e utilizzare qualsiasi arma da fuoco. Questo divieto impedì
anche l'esercizio della caccia. L'unico modo per continuare a praticarla era
l'utilizzo di arco e frecce così come si era fatto nel vecchio continente sino
ad allora. Questa necessità permise il continuo sviluppo di tecniche e
materiali che continua tutt'oggi.
Successivamente lo studio e la comparazione con gli archi dei nativi
americani hanno fatto si che l'arco rimanesse sempre presente nella cultura
americana senza soluzione di continuità.
Giusi da così vita al tiro con l'arco in Italia, in
particolare al tiro istintivo. Amico di Fred Bear attinse a quelle conoscenze
che furono il nucleo fondante del moderno tiro istintivo. Curò personalmente la
traduzione e la pubblicazione della "Bibbia dell'arco" di Bear.
L'idea primigenia che si sviluppò in terra bergamasca
fu quella di un tiro di simulazione venatoria: quindi l'utilizzo di archi da
caccia rigorosamente in legno, il giusto libraggio, il peso della freccia e le
distanze di ingaggio dal bersaglio rispecchiavano l'esigenza di un tiro etico ed
immediatamente mortale. Tiri a tempo, al volo, in rapida successione e
morfologia del terrreno erano
finalizzati all'allenamento dell' "arciere cacciatore".
Questa nuova idea prese sempre più piede coinvolgendo
uomini influenti e di spessore culturale che posero le basi della moderna
arcieria in Italia ( tra gli altri il trevisano Paolo Poli e il milanese
Massimiliano Malacrida). Furono codificate le regole e le tecniche del tiro e
nel 1960 fu stampato il primo opuscolo, a cura degli Arcieri-Cacciatori-Bergamaschi
(A.C.B.), dove si promuoveva il "tirar all'istintiva". Riportando
alla luce tradizioni longobarde, e saldandole con le conoscenze del saper
scoccar frecce rapidamente e in modo istintivo con archi da caccia, istituirono
il Circuito dei 100 Roving.
Il Roving rappresentò per alcuni anni la prima
versione dell'hunter & field della neonata FITARCO (1961). All'inteno della
prima federazione italiana di tiro con l'arco il termine arciere cacciatore
identificava coloro i quali usavano la caccia come pretesto per un tiro più
versatile e divertente. Un aumento di versatilità, riscontrabile nel poter
colpire qualsiasi oggetto a distanze sconosciute, tirare in rapida successione,
a tempo, in movimento, a discapito della precisione assoluta; l'utilizzo di
archi più potenti e tecniche di tiro più rapide erano mal tollerate. Propio da
Bergamo partirono due distinte istanze alla FITARCO (presidenza Malacrida poi
Gnecchi) per indurre la federazione ad abolire l'indicazione delle distanze dei
tiri nelle gare di campagna Hunter (almeno per il rispetto della sua
nomenclatura) poi, successivamente, a distinguere il tiro, poi chiamato ad
"arco nudo" (tre dita sotto la cocca e mira lungo l'asta della
freccia) dal vero tiro istintivo. Tutto questo unito al non accettare il
fattore fortuito riconoscendo maggior punteggio ai bersagli a tempo o in movimento; riconoscere maggior valore alla
prima freccia (per premiare quelle capacità che ci fanno inquadrare più
efficacemente una nuova situazione, e non quelle che riproducono meccanicamente
un gesto tecnico perfettamente riuscito, o migliorarlo ragionando sul tiro
precedente) portarono a divergenze insanabili.
Questo non fermò la passione e nuovi gruppi di arcieri
nacquero attorno al Belvedere di Nese , così nel 1978, Giusi istituitì la
L.A.I.V.O (Lega Arcieri Istintivi Venatori Orobici). L'intento della lega fu
quello di proporre una differente interpretazione del tiro con l'arco in Italia
codificandone definitivamente i precetti.
Il tiro di simulazione venatoria con le sue variabili
ed imprevisti, che trova nei boschi la sua casa elettiva e nell'istinto il
punto di forza, si allargò a macchia d'olio sfociando nel 1983 nella fondazione
della F.I.AR.C (Federazione Italiana Arcieri Cacciatori). La prima gara
istituita dalla federazione fu il tracciato che prese vita direttamente dal
Roving nazionale.
Nel corso dei decenni il Roving ha ospitato i migliori
rappresentanti dell'arcieria italiana di entrambe le federazioni, richiamando
arcieri da tutto il mondo, ma anche autorità del mondo venatorio e non.
(Lizza
tra le città d'Italia vinta con gli amici della 04 anel)
La sempre
maggior richiesta di organizzazione di Roving in seno alla Fiarc ha portato
alla costituzione di un vero e propio circuito di gare su tutto il territorio nazionale. Al traguardo dei
cinquant'anni il Roving è rimasto immutato
e fedele a se stesso: le piazzole sono sempre le stesse, di anno in anno, e le
sagome sono ancora quelle in carta, rimanendo una competizione ambita e
prestigiosa. L'istituzione di una fondazione che si occupi delle prossime
cinquanta edizioni, attraverso la LAIVO, garantisce la continuità del tiro
istintivo venatorio in Italia.
Varie sono state le iniziative che, insieme alla ENGO,
Giusi ha organizzato per diffondere l'uso dell'arco tradizionale al di fuori
delle solite gare:
.Prati permettendo, all'inizio di primavera o in
autunno, organizzava nell'azienda LI-CA' di Martinengo, due manifestazioni
apprese dalla "Bibbia del Bear". La prima era un percorso da golf
dove la mazza era costituita dall'arco e la pallina dalla freccia. L'arrivo o
buca finale era una pallina da tennis sospesa da una cordicella al paletto della bandiera. Risultava vincitore
l'arciere che riusciva a colpirla con il minor numero di lanci. (L'archery golf è una disciplina tutt'oggi
molto seguita all'astero).
Nella seconda si effettuava il tiro alla Bandiera
posta a 150m dal picchetto di lancio per i "venatores". La gittata
della freccia da caccia (30gr) era
suffuciente a stabilire il giusto libraggio dell'arco. Per le classi femminile,
seniores e juniores le distanze erano
minori. Il bersaglio era il palo con la bandiera recante lo stemma di
Martinengo. Il palo era posto al centro
di 3 diverse circonferenze con diametri di 20m (1punto) 10m (3punti) e di 5m
(5punti).
.Il tiro con
l'arco a cavallo, conosciuto durante un viaggio in Francia, fu un'altra sua
intuizione che mosse i primi passi presso il Circolo Ippico Bergamasco a
Montecchio.
.Così come il tiro con l'arco sugli sci, poi divenuto biathlon con l'arco. Il
primo tracciato sperimentele fu fatto sulle nevi della presolana con
l'aiuto di un amico maestro di sci che sapeva usare anche l'arco.
.Giusy è stato uno dei primi ad organizzare
manifestazioni nei castelli di Cavernago, Malpaga e della Costa, dando inizio all'opera di altri appassionati
che negli anni hanno sviluppato e diffuso questo tipo di gare, in entrambe le
federazioni, in tutta Italia. Furono le origini delle rievocazioni storiche.
Lo spunto nacque direttamente dalle cronache
medioevali:
Il rito di S. Sebastiano (Nella galleria della
Compagnia di Bruges, fondata in Belgio nel 1283, si possono ammirare due
ritratti, forati dalle frecce, opere di V. Dych) detto "tiro al Re";
e il tiro al Lume, o del "bacio di Venere".
.Adattando una vecchia lanciapittelli iniziò a
lanciare dischi di polistirolo per meglio allenarsi al tiro al volo, con minor
pericolo per il lanciatore e .......maggiore per i fagiani. L'esercizio si
rivelò utile non solo per la caccia, ma
anche divertente e utile per l'allenamento del tiro istintivo. Fu così che
venne inserito come piazzola nel Roving. Da lì il suo amico Biaggi ne fece apposita manifestazione nel
milanese, per diventare successivamente disciplina FIARC.
Nel 1979, ottenuta l'autorizzazione a cacciare anche
con l'arco, previo licenza con il fucile, Giusi si interessò presso
l'Assessorato locale della caccia (per non lasciare la stessa troppo
generalizzata) affinchè solo dopo una positiva prova di tiro, con materiale
idoneo, effettuata al Roving nazionale di Nese, venisse rilasciata al
richiedente annuale concessione ad esercitare la caccia con l'arco.
Esclusivamente in riserve private su fagiani in volo. Fu probabilmente la prima
iniziativa di questo genere in tutta Italia, grazie anche alla comprensione
delle autorità locali che videro con quanto impegno e rigore ci si stava
incamminando lungo quella strada.
L'influenza di Giusi e della sua visione è così
presente anche nel mondo venatorio. E' propio grazie a lui, e alla diretta
conoscenza del sen. Andreotti, che la legge sulla caccia menziona l'arco e il falco quali strumenti di
caccia. Nuovamente la figura di Giusi fu il riferimento. Fece conoscere ai
cacciatori l'arco e istruì gli arcieri sulla nobile arte della caccia, con le
sue regole etiche, il rispetto per l'ambiente e la fauna. Fece conoscere le
potenzialità dell'arco alle autorità. Contemporaneamente inserì una piazzola
speciale nel Roving nazionale, riservata agli arcieri in possesso della licenza
di caccia (5 frecce su 5, a 20 metri di distanza, in 60secondi, dentro un
bersaglio di 20 cm) . I risultati della piazzola venivano segnati su apposito
score insieme al numero della licenza di caccia e al nome del titolare. Dopo
ogni Roving questi score venivano portati in provincia di Bergamo e sottoposti alla visione delle
autorità competenti, a dimostrazione dell'efficenza del tiro con l'arco in
ambito venatorio, ma soprattutto a dimostrazione delle capacità,
preparazione ed efficacia dei
cacciatori, anche con l'arco. La provincia di Bergamo istituì un'apposito albo per i cacciatori con
l'arco al quale si poteva iscrivere chi aveva superato una prova pratica.
Recentemente la procedura è stata rivista ed aggiornata.
Recentemente l'introduzione della caccia di selezione
ed il parere positivo espresso dall'ex ISPRA, oggi INFS (Istituto Nazionale
della Fauna Selvatica), sull'utilizzo dell'arco quale efficace strumento di
selezione lo hanno definitivamente sdoganato in ambito venatorio.
Tutto è iniziato al Belvedere di Nese!
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